San Vito Lo Capo

Spiaggia tra le più rinomate dell’Isola, sorge in una conca ai piedi del monte Monaco, al margine della piccola penisola che chiude il golfo di Castellammare. Il borgo, di tradizione marinara, si è sviluppato intorno a un’antica fortezza-santuario dedicato a San Vito. Il suo territorio, oltre alla suggestiva spiaggia molto affollata in agosto, comprende località meno conosciute ma non meno interessanti come Castelluzzo e Macari. Inoltre, nel Comune di San Vito Lo Capo ricade buona parte della Riserva Naturale Orientata dello Zingaro, visitabile a piedi. Da alcuni anni la città è diventata la sede di svolgimento del “Cous Cous Fest” e, più recentemente, dell’evento enogastronomico “Tempu ri Capuna”. 

La storia della città è legata a San Vito che, secondo la tradizione, passò da Egitarso o Egitallo, denominazione romana del sito, nel III secolo d.C., il Santo costretto a lasciare la sua città Mazara, assieme al precettore Modesto e alla nutrice Crescenzia: egli abitò nelle caverne della zona dedicandosi alla preghiera, nutrito da un corvo, come i Padri del deserto. Si ritiene che dopo il martirio del Santo, avvenuto intorno al 300 d.C. presso la foce del fiume Sele, ad Egitarso fosse sorta una chiesetta, rinnovata nel XV, e divenuta successivamente santuario-fortezza, per volere degli abitanti di Erice nel cui comprensorio ricadeva il territorio di San Vito, per dare ai pellegrini alloggio e protezione dalle incursioni piratesche. La città, che è Comune dal 1952, si è sviluppata tra il XVIII e il XIX secolo attorno al santuario, come piccolo borgo di pescatori, appartenente all’agro ericino.
Immersa in un paesaggio costellato da rocce alte, spiaggette e scogli appuntiti, grotte, bagli e torri, San Vito accoglie con la stupenda costa di Macari e il bastione di Monte Monaco con il pizzo omonimo che, a seconda da dove si guarda, assume ora la forma di un prete in preghiera, ora di un cane in corsa. Dalla sommità del monte, raggiungibile attraverso sentieri, unica e irripetibile è l’emozione che si prova alla vista dall’alto dei tre golfi insieme, di Castellammare, San Vito e Cofano, e nelle giornate di grande visibilità, anche dell’isola di Ustica. Dalle terrazze del santuario si gode dello stupendo panorama sulla spiaggia, lunga tre chilometri, sul mare azzurro e sulla cittadina, della quale si apprezza l’impianto regolare con case basse e vie rette e parallele. Nel paesaggio della splendida costa rocciosa si ergono le cinquecentesche torri del sistema isolano di difesa.
Il mare limpidissimo e la splendida spiaggia di sabbia fine, costellata da frammenti di rosso corallo, sono i protagonisti di questo stupendo paradiso naturale, grazie ai quali la città è entrata a far parte delle 300 località con spiagge più belle d’Italia ed ha anche ricevuto la Bandiera blu d’Europa. Ad est si trovano coste alte e a picco sul mare, preludio di quella meraviglia che è la Riserva Naturale Orientata dello Zingaro, che tutela uno dei tratti di costa più belli ed integri dell’isola, esteso per circa 7 chilometri, fino a Scopello, e caratterizzato da una splendida macchia mediterranea. Non meno interessante è il lato ovest della costa, più bassa e irta di scogli, con Cala Rossa e Cala Mancina, lo scoglio dell’Isulidda, a pochi metri dalla costa rocciosa, e le grotte. Area di grande interesse naturalistico e paesaggistico è anche il monte Monaco, alto 532 metri.
E' credenza popolare che San Vito avesse cercato inutilmente di convertire gli abitanti del villaggio di Conturrana, i quali vennero puniti da Dio, per non avere ascoltato la predicazione, con una frana che seppellì l’abitato: si ritiene che il misterioso villaggio sia sotto l’enorme ammasso di pietre in contrada Valanga. L’edicola di Santa Crescenzia ricorda invece il luogo in cui la frana si fermò, risparmiando San Vito, Modesto e la stessa Santa che, trasgredendo l’ordine divino di non voltarsi per non assistere al castigo di Dio, divenne di pietra per lo spavento: secondo un’antica credenza popolare, per scaricare u scantu (paura), bisogna buttare delle pietre dentro l’edicola.
Nel mare di San Vito, fino al 1968 si calavano le reti per la tradizionale mattanza, la cruenta cattura dei tonni che in primavera, numerosi, percorrevano le acque del Golfo di Castellammare.
La città dedica al suo Santo titolare solenni festeggiamenti, dal 13 al 15 giugno, con manifestazioni canore, musicali e sportive, sfilate, mostre ed una suggestiva rievocazione storica dello sbarco del Santo, accompagnato dai Santi Modesto e Crescenzia che, giunti al tramonto sulla spiaggia, al suono delle sirene della flotta peschereccia e alla luce di razzi multicolori, muovono verso il paese, accompagnati dalla banda musicale. La pittoresca processione per le vie del borgo e i fuochi d’artificio chiudono le manifestazioni. Altro tradizionale appuntamento religioso è per il 18 e 19 marzo, in occasione della festa di San Giuseppe, con la processione della statua del Santo, i falò (vampe) in diverse zone del paese, e il pranzo offerto alla Sacra Famiglia, impersonata da tre figuranti presso un’abitazione dove è stato allestito un altare votivo, addobbato con caratteristici pani.
All’interno del santuario, nella cappella di San Vito, impreziosita da marmi locali e da statue in stucco di Orazio Ferraro (1624-1628), è posta, al centro, la statua del Santo, una pregevole opera gaginesca del 1587, con episodi della sua vita, legati al soggiorno nella città del Capo, scolpiti nella base: la particolare levigatura dei piedi è dovuta alla secolare usanza, da parte dei pellegrini, di baciare i piedi in segno di devozione. Opere di arte contemporanea assolvono degnamente la funzione di arredi liturgici: l’altare e la scultura raffigurante San Vito di Capri Otti, entrambi in bronzo, il Crocefissodi Mario Cassisa, dello stesso materiale, e due steli candelabro in marmo di Ibrahim Kodra. A Martin Emschermann si deve il moderno simulacro (2005) in marmo di San Vito, posto sulla porta del santuario, e a Toti Taormina la statua bronzea del Santo (1999), sul molo Sopraflutto.
La presenza dell’uomo nel territorio è documentata da graffiti, pitture e materiali litici di età preistorica, rinvenuti nelle numerose grotte. Alcune incisioni sono visibili sulle pareti della grotta dell’Uzzo, all’interno della Riserva dello Zingaro, che ha anche restituito frammenti di vasi, selci, ossidiana, oltre a dodici scheletri umani e ad ossa di animali. Nella zona di Piana di Sopra, la grotta dei Cavalli conserva pitture neolitiche dipinte in rosso, con disegni labirintici, simboli solari e figure antropomorfe, mentre la grotta cosiddetta del Racchio, preceduta da una avangrotta illuminata, contiene incisioni lineari di carattere presumibilmente magico e due graffiti raffiguranti cervi. A pochi passi dall’ex tonnara si trovano antiche vasche cetarie, risalenti al IV secolo a.C., destinate alla lavorazione del pregiato garum, la salsa di pesce di cui i Romani andavano ghiotti.
Robusto e solenne nel suo aspetto di fortezza, nella piazza principale si erge il santuario-fortezza dedicato a San Vito, sorto presumibilmente nel secolo XV, inglobando le strutture di una preesistente chiesa paleocristiana e rafforzato nel secolo XVI; recenti restauri (2003) hanno riportato in luce un ipogeo con due pozzi, forse destinati ad attività cultuali. La cappella di Santa Crescenzia, piccolo suggestivo edificio a pianta quadrata, è un originale esempio di architettura di fine secolo XV-inizi XVI, con influenze arabe, normanne e gotiche, dalla particolare soluzione della cupola, sostenuta da trombe a ventaglio. Lungo la fascia costiera si ergono le torri Sciere, ‘Mpisu e Isulidda, realizzate nel secolo XVI per avvistare la presenza dei pirati che infestavano il mare Mediterraneo; nel Golfo del Secco si trova l’impianto a terra di una dismessa tonnara, documentata fin dal 1412.
Il museo del santuario, accoglie argenti, arredi liturgici e opere di arte sacra legate al culto e ai pellegrinaggi in onore di San Vito. Merita particolare attenzione la statua lignea dell’Immacolata, di un ignoto scultore siciliano degli inizi del XVI secolo, proveniente dalla tonnara del Secco. Sono inoltre in mostra i doni dei paesi legati alla figura di San Vito in Italia, tra cui la centa, un ex voto dei pastori di San Gregorio Magno, lavorato con candele di cera. Nella sala dei parati spicca una pianeta di velluto verde della fine del secolo XVI. A San Vito opera un centro che da alcuni anni organizza campi scuola internazionali di archeologia subacquea, mettendo in pratica un metodo scientifico attraverso il quale si effettuano prospezioni, rilievo, scavo e disegno dei materiali, creazione di itinerari archeosub, oltre che catalogazione e classificazione di reperti.
Le produzioni tipiche artigianali sono collegate alle attività marinare e agricole del territorio; i pescatori creano conzi, lunghe lenze alle quali vengono applicati ami, cannizzi, rami di palma destinati ad essere ancorati al fondale marino, coppi, reti mobili, nasse, ceste nelle quali i pesci una volta entrati non possono uscire; i curinari con movimenti veloci delle mani intrecciano la palma nana, creando la curina per confezionare borse, cappelli, ventagli dalle antiche fogge, oltre che panara, panieri realizzati con ramoscelli di ulivo e canna. A queste attività tradizionali si affianca la lavorazione del ferro e la produzione di ceramiche artistiche.
A San Vito oltre alle suggestioni dei luoghi, c’è anche la suggestione di una cucina tradizionale nella quale il pesce fresco è sempre presente. La marineria locale esercita infatti la cosiddetta pesca artigianale, ossia sotto costa, con piccoli natanti durante le ore notturne, e diretta in particolare alla cattura di triglie, saraghi, ombrine, occhiate, scorfani, seppie, polpi, calamari, aragoste che vengono immessi nel commercio al minuto, di primo mattino, direttamente nella zona portuale. Busiati, pane cunzatu, pasta coi ricci sono i piatti forti di una gastronomia semplice e fantasiosa in cui il couscous, cibo di origine araba a base di semola cotta a vapore e condita con brodo di pesce, è il protagonista assoluto. Nella frazione di Castelluzzo, rinomata per i suoi uliveti, viene inoltre prodotto un olio profumato e fragrante, ottimo come condimento per qualsiasi pietanza.
Puntualmente si ripetono nella lunga stagione turistica di San Vito Lo Capo una serie di appuntamenti. Nell’ultima settimana del mese di settembre si tiene il Couscous Fest una straordinaria rassegna di cultura ed enogastronomia mediterranea, all’insegna delle degustazioni, degli spettacoli e dell’immancabile gara tra cuochi di diverse nazionalità che si contendono la palma della vittoria per la realizzazione del miglior couscous, considerato piatto della pace e simbolo di integrazione tra popoli di diverse etnie. Tempu ri Capuna è un altro evento gastronomico e culturale che, nel periodo autunnale, tende alla valorizzazione del capone e del pesce azzurro, proposti come base di tanti piatti. Sotto il titolo Libri,autori e buganvillee, si tengono nella via Venza una serie di incontri, tra luglio e settembre, destinati alla presentazione di opere di famosi scrittori italiani.

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