Campobello di Mazara

 

Distese di campi coltivati prevalentemente a olivo e a vite segnano il paesaggio di Campobello di Mazara. La campagna e la vita agricola hanno da sempre caratterizzato la storia e la vocazione economica del paese. Oggi questa tradizione è ricordata dal Museo della vita e del lavoro contadino che offre ai visitatori testimonianza di antichi mestieri e tradizioni agricole ormai scomparse. Ma è alla presenza delle storiche Cave di Cusa che Campobello deve soprattutto la sua fama. Da questo straordinario luogo, che unisce il fascino dell’archeologia alla bellezza del paesaggio naturale, i selinuntini estraevano gli elementi di costruzione delle gigantesche colonne che reggevano i loro templi. Qui il lavoro estrattivo sembra non essere ancora terminato, in una sospensione temporale che dona al sito grande fascino e suggestione.


Campus Belli è il nome dato dai Romani al luogo dove avvenne la battaglia tra Segesta e Selinunte, in contrada Campana San Nicola, poi esteso alla città. Il nucleo abitativo ebbe origine nel 1618 quando Don Giuseppe di Napoli fece costruire nei pressi del suo castello, attiguo al quale esisteva già un convento domenicano, due lunghe file di case coloniche in corrispondenza delle attuali vie Garibaldi, Badiella e viale Risorgimento. A Capo Granitola sbarcarono gli Arabi nell’827, dando inizio alla conquista della Sicilia e chiamarono il luogo Ras al Balat. In contrada Birribaida (in arabo torre-casa bianca), secondo le fonti storiche, si trovava la tenuta di caccia di Federico II, denominata Bellumrepar. Nel 1893 a Campobello sorse il fascio, presieduto da Vito Denaro, col fermo proposito di ristabilire la dignità dei lavoratori calpestata dai latifondisti.


Il paesaggio è un susseguirsi di colori. Si entra in città accolti dalle Sciare, una distesa di suoli rocciosi, il cui nome deriva dall’arabo terra arida, dove cresce una vegetazione bassa che riesce ad attecchire soltanto nelle concavità in cui si è accumulato il detrito della roccia circostante. La Palma nana è certamente la specie più diffusa. La lussureggiante campagna è coperta prevalentemente da ordinati filari di ulivi, dai vigneti, dagli agrumeti e dai campi ad ortaggi, coltivati come fossero dei giardini. Proseguendo verso ovest si trovano le Cave di Cusa dove la vegetazione si evolve a macchia mediterranea. Subito dopo, verso Tre Fontane, iniziano le dune che in primavera si colorano di rosa grazie alla Silene colorata e di bianco per le fioriture del giglio del mare. Verso sud ovest è il litorale roccioso di Torretta Granitola con il suggestivo paesino di pescatori.


Un tempo la flora era ricca e varia. Il nome stesso di alcune località in cui ricorre la parola bosco (bosco Tre Fontane, bosco angilluffo, bosco Guardiola, bosco Nuovo, bosco Vecchio) sta ad indicare che la zona sud del paese era ricca di alberi che, con il tempo, hanno lasciato il posto alle nuove colture della vite, degli ulivi e degli agrumi. Più in particolare la vegetazione boschiva era caratterizzata dalla quercia da sughero, nell’entroterra, e dal pioppo, sulle dune costiere. Questi boschi, costituiti anche da lentisco, ginestre e tamerici, formavano per circa quattro miglia in larghezza e due in lunghezza, l’impenetrabile vegetazione da Tre Fontane a Manica Longa. Le querce da sughero sono quasi del tutto scomparse: sopravvive solo qualche esemplare su lembi relitti di vegetazione autoctona, ancora presenti all’interno dei campi coltivati. Un’altra evidenza botanica è rappresentata dal boschetto relitto di pioppi, nei pressi della costa sulle dune di Tre Fontane. La riduzione dei boschi e delle macchie a favore di sempre maggiori aree asservite all'agricoltura, ha causato la progressiva scomparsa degli animali selvatici, tra cui il lupo. Particolare influenza sulla avifauna ebbe la bonifica del lago Ingegna, avvenuta nel 1906 perché le acque paludose provocavano la malaria, ma il caso ha voluto che a sud delle Cave di Cusa si allagasse un’area depressa per cause accidentali, il Pantano Leone, oggi area protetta. Questo acquitrino è ora frequentato da uccelli migratori quali folaghe, anatre selvatiche, fenicotteri rosa, cavalieri d’Italia, germani reali ed altri ancora. È come se gli uccelli avessero voluto sostituire, con questo nuovo lago, quello prosciugato di Ingegna, quasi fosse stata tramandata tra le loro generazioni una memoria storica dei luoghi.


La Festa del Crocefisso, è la celebrazione più antica della città ed è oggetto di grande venerazione il simulacro ligneo, opera di fra Umile da Petralia, conservato nella chiesa Madre, donato dal duca don Giuseppe Napoli e Barresi il 23 maggio 1666; il popolo, che andò fiero di quel dono, accolse con grande entusiasmo la statua e, inneggiando, ringraziò Dio e il duca. Attualmente i festeggiamenti si concludono con la processione del Crocefisso, portato a spalla su una artistica vara dai fedeli. Il 15 giugno si celebra il protettore della città San Vito, mentre il 15 agosto si svolge la suggestiva processione a mare dell’Immacolata. In onore di San Giuseppe, il 19 marzo, si svolge il tradizionale invito di tre persone, simulanti la Sacra Famiglia, ad un pranzo con numerose pietanze, davanti un altare addobbato: un suonatore di tamburo (tammurinaru) precede l’arrivo dei tre alla casa ospitante.


Le tracce più visibili ed emozionanti dell’età antica si ritrovano nelle Cave di Cusa dalle quali i coloni greci della vicina Selinunte estrassero 150.000 metri cubi di tufo calcareo, di cui tutta l’area è ricca, per ricavarne materiale da costruzione per la città e per i loro magnifici templi. È questo un luogo straordinario, distante ca. 11 km da Selinunte, unico nel mondo archeologico, che crea con la vegetazione un ambiente di grande suggestione: qui il tempo si è fermato nel lontano 409 a. C. quando Annibale, figlio di Giscone, colse di sorpresa gli abitanti di Selinunte e assediò la città distruggendola. Nell’area della cava, lunga ca. 1,7 Km, a più dislivelli, aspra e verde, l’attività estrattiva ed il lavoro di preparazione e di trasporto dei rocchi furono interrotti, e mai più ripresi, per l’improvvisa e incombente minaccia cartaginese: alcuni blocchi appena abbozzati o incompleti vennero lasciati nel loro stato di lavorazione, altri già tagliati e pronti furono abbandonati sul terreno, mentre quelli che stavano per essere trasportati a Selinunte vennero scaricati lungo la strada. Qui si riesce a leggere il procedimento usato per ricavare con scalpello e martello i tamburi delle colonne. Le incisioni circolari nella roccia indicano il lavoro preliminare di estrazione, cui seguiva lo scavo in profondità attorno ad esse, fino al punto in cui si riteneva possibile estrarre il tamburo; una volta tagliato, questo veniva probabilmente rivestito da una intelaiatura di legno e trasferito su di un robusto carro trainato da buoi. Di straordinaria suggestione, oltre alle incisioni sulla roccia, sono i tagli profondi attorno a due enormi rocchi ancora attaccati al fondo calcareo. L'odierno nome delle cave deriva dall’ex proprietario, il Barone Cusa.


Gli edifici più antichi di Campobello sono il palazzo ducale, di origine medievale, trasformato in residenza signorile nel secolo XVII, e la chiesa Madre, dedicata a Santa Maria delle Grazie, già esistente nella seconda metà del secolo XVI, ricostruita nel XVIII e rinnovata tra il 1839 e il 1848. Sull’abitato domina la torre dell’orologio, alta ca. 27 metri, fatta costruire dal Comune nella Piazza del mercato e inaugurata il 6 marzo 1877; la campana delle ore proviene dal Palazzo Reale di Palermo, mentre quella che suona i quarti è stata fusa sul luogo da maestranze di Burgio (Agrigento). Caratteristica specifica del territorio è la casa-cortile, retaggio della cultura araba che tanto ha influito nello sviluppo socioeconomico del paese. Disseminati nella campagna torri, bagli, case rurali ed un mulino a vento testimoniano la tradizione agricola del territorio.


Lussureggianti uliveti secolari e regolari filari di viti colorano la campagna e producono generosamente la rinomata Nocellara del Belice, ottima oliva D.O.P., da mensa e da olio, e pregiate uve da vino. L'olio extravergine si presenta come un liquido di colore verde lucido, fluido e di sapore e odore caratteristicamente piccante e fortemente aromatico: ottimo da utilizzare crudo, aromatizzato, per la preparazione di fritture ed anche nella cosmesi. Inoltre agrumeti e frutteti danno prodotti eccellenti; colture in serra forniscono ortaggi dai caratteristici sapori mediterranei. Nella tradizione culinaria un posto primario ha il pane nero, prodotto integrale con farina di frumento di grano duro - la così detta tumminia, una varietà specifica di questa zona della Valle del Belice - con esclusione della crusca più grossolana: viene impastato con lievito naturale (biga, impasto acidificato residuo del giorno prima) e acqua (al 50% rispetto alla semola) e si diversifica dagli altri perché costituito da semole molite a pietra e cotte a legna. Si distingue inoltre per fragranza e gusto, particolarmente dolce e delicato, ed è ottimo anche se consumato senza companatico. Il pecorino è il fiore all'occhiello della produzione casearia: è un formaggio a pasta dura, di antichissima tradizione, che viene prodotto in maniera artigianale esclusivamente con latte di pecora. La ricotta è la componente peculiare della pasticceria locale che per bontà, genuinità, sapore e freschezza non teme confronti: tipici del periodo pasquale sono i campanari, anelli di pasta con uovo sodo. Protagonista della cucina marinara è il pesce, proveniente dalle acque antistanti la località di Torretta Granitola: pesce azzurro, triglie, scorfani ed ogni altro tipo vengono proposti arrostiti, fritti o a zuppa.


Nel dicembre 2007 Campobello ha dato il via al Festival dell'oliva d'oro nell'alimentazione, un evento culturale-espositivo, mirante a valorizzare le specialità e le peculiarità locali con convegni, incontri, mostre, visite guidate nel territorio comunale e degustazioni dell'olio novello e dei prodotti tipici. Appuntamenti fissi sono gli spettacoli estivi a Torretta Granitola e, nella frazione di Tre Fontane, il Premio di poesia, uno degli eventi di carattere culturale riconosciuto a livello regionale. Di carattere internazionale è stata, fino a qualche anno fa, la Targa Nino Buffa - Dodici ore notturna, una gara automobilistica di regolarità, inclusa nel circuito nazionale, anche per la parte riferita alle auto storiche. Presso le Cave di Cusa, saltuariamente, si svolgono spettacoli di teatro e danza con la presenza di note compagnie internazionali, ed il Palio, una tradizionale corsa dei cavalli.


Il borgo marinaro di Tre Fontane, con i suoi stabilimenti estivi, è frequentato da numerosi bagnanti, la maggior parte dei quali, attirata dalle limpide acque, ha scelto il litorale come luogo di villeggiatura. Per turisti e villeggianti il Comune vi ha realizzato dei campi da tennis. Il golfo di Puzziteddu, tra Capo Granitola e la pittoresca scogliera a mare da cui prende il nome, è meta preferita da surfisti e windsurfisti, luogo ideale per i venti e per le varie correnti d’aria che si sviluppano.

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna